Sukajan: come una giacca può unire due culture

Ponte fra Oriente ed Occidente, la sukajan racconta il dopoguerra del Giappone

di Hachi194

Uno degli aspetti singolari del Giappone è la sua capacità di essere affascinato dalla cultura degli altri popoli al punto tale da inglobarla nella propria e trasformarla in qualcos'altro. Succede ad esempio con la cucina: molti piatti tipicamente nipponici in realtà sono la rivisitazione di pietanze cinesi, indiane o occidentali.
Anche la moda subisce queste influenze: è il caso ad esempio delle cosidette sukajan, capo di abbigliamento iconico di un certo tipo di stile giapponese che trae origine nel dopoguerra dai bomber dei soldati americani e che ora è un souvenir ambito dalle fashioniste di tutto il mondo.
 

Le sukajan hanno uno stile retrò, che ricorda gli anni '50 ma sono realizzate con tessuti setosi come rayon, raso e velluto. Alcune sono anche double face e presentano design tipicamente giapponesi, una silhouette distintiva e maniche dal colore a contrasto con il resto della giacca. Tipico è l'uso di colori e ricami audaci realizzati con cura, di solito sfoggiati sul retro della giacca, ma a volte presenti su ambo i lati. Queste iconiche giacche giapponesi sono anche conosciute come "giacche souvenir" perché i soldati americani le portarono a casa appunto come souvenir dopo l'occupazione del Giappone nel dopoguerra.
Lo stile della giacca sukajan è stato influenzato da due capi americani. Il primo è il bomber indossato dai militari statunitensi. Il secondo è la cosiddetta giacca letterman, apprezzata dagli atleti universitari e caratterizzata dall'avere maniche di un colore diverso dal corpo principale dell'indumento, o talvolta di un materiale diverso, ma dello stesso colore dell'indumento principale.
 

Il nome stesso "sukajan" è un accenno alle origini della giacca, poiché deriva dall'unione dei termini "suka" dalla base navale di Yokosuka e "jan" abbreviazione del termine giapponese janpaa, mutuato dalla parola inglese jumper.
Yokosuka infatti fu la sede delle prime basi navali del Giappone, dell'arsenale navale e, dopo la seconda guerra mondiale, della settima flotta degli Stati Uniti e della forza di autodifesa marittima giapponese.
Ancora oggi qui esistono negozi che vendono le sukajan lungo la Dobuita Street, che conduce al cancello principale della base della Marina degli Stati Uniti.
Secondo un'altra teoria invece, la parola "sukajan" deriva dall'inglese "sky dragon jumpers", essendo i draghi volanti un disegno molto comune su queste giacche.
 

L'origine della sukajan risale come accennavamo all'inizio al dopoguerra. La sukajan è transculturale, economica e fortemente militarista; realizzati da mani giapponesi erano indossate da soldati stranieri durante il fragile e complicato periodo del dopoguerra in Giappone.
I soldati americani che tornavano a casa iniziarono infatti a trasformare bomber, giacche da volo ma anche giubbini ricavati usando vecchi paracaduti in ricordi, ricamando su di essi motivi tradizionali giapponesi. Il design di ogni sukajan conteneva le esperienze di quel soldato, trasformando così un capo di abbigliamento in un pezzo unico.
 

Le decorazioni più comuni erano draghi, fiori di ciliegio, geisha, opere d'arte giapponesi e persino basi navali. Si pensa anche che alcuni dei primi motivi come tigri, falchi e aquile derivassero dagli emblemi delle unità a cui appartenevano i soldati.
Esisteva una curiosa relazione tra il sarto giapponese della sukajan e il soldato americano. Dover magari ricamare ad esempio Hiroshima e Nagasaki che effetto poteva avere? Purtroppo la necessità economica prevaleva sui sentimenti nel disperato clima che si respirava in Giappone nel dopoguerra.
 

Queste giacche di raso non erano solo apprezzate dai soldati, ma divennero un capo per la classe operaia e un segno distintivo per giovani ribelli, proprio come le giacche da motociclista in pelle rese popolari da Marlon Brando, James Dean e dal movimento punk.
Durante gli anni '60, le tendenze e gli stili americani furono massicciamente assimilati dalla cultura giapponese in quello che fu chiamato "l'effetto Ametora" o l'amore per tutto ciò che era americano. Lo storico della moda W. David Marx definì l'ametora non solo come l'adozione dell'abbigliamento americano in Giappone, ma anche come un fenomeno in cui creatori e marchi giapponesi realizzarono abiti americani o mischiarono le due culture creando qualcosa di completamente nuovo.
 

Ciò alla fine portò, in una sorta di corto circuito culturale, all'ascesa di una sottocultura di giovani giapponesi che non volevano conformarsi a questa tendenza e usavano la sukajan in modo ironico come un atto di sfida contro la società giapponese tradizionale.
Con il passare degli anni diventò un anticonformismo culturale più generico e la sukajan iniziò ad essere fortemente associata a bande e delinquenza giovanile. Non era raro vedere nei film le sukajan indossate da personaggi appartenenti alla yakuza o alla criminalità, accentuando così la sua connotazione negativa.
 

Solo in tempi più recenti la sukajan ha vissuto un enorme revival, diventando una parte iconica della cultura della moda giapponese. Il picco di popolarità è iniziato una decina di anni fa, grazie alla pellicola "Drive" in cui Ryan Gosling ne sfoggia una. Adottata da celebrità e icone della cultura pop di tutto il mondo, questa giacca è stata riportata in auge e reinterpretata dai migliori designer e marchi di streetwear come H&M, Forever 21, Zara, Louis Vuitton, Saint Laurent, Gucci e Adidas.
Ma per acquistarne una, quali fattori vanno presi in considerazione?
 

Prima di tutto bisogna decidere se acquistare una sukajan vintage o nuova. Le sukajan vintage tendono ad essere pezzi unici nate dalla storia e dalle esperienze del proprietario originale, sono quindi più rare da trovare, più costose e potrebbe essere difficile trovarle della propria taglia. Inoltre i pezzi vintage richiedono anche un'attenta cura e una meticolosa conservazione, tutti aspetti che possono anche variare in base al materiale della sukajan.
Ma anche se si opta per acquistare un pezzo prodotto in serie, va sempre tenuto presente che le sukajan non sono fatte per proteggere dal freddo e dalla pioggia. Se si vuole usarle tutti i giorni, il tessuto migliore è sicuramente il rayon.
 

Occorre ponderare bene poi sulla scelta del motivo: ricami audaci e dai colori vivaci sono più d'effetto ma anche più difficili magari da abbinare con il proprio guardaroba, soprattutto se si ha uno stile più classico. Da ricordare anche che più la giacca sarà adornata di disegni, più sarà pesante, rigida ma anche calda. Inoltre le sukajan sono pensate con una vestibilità abbastanza aderente, quindi meglio tenersi leggermente larghi sulle taglie per non ritrovarsi infagottati.
Le sukajan sintetiche o prodotte in serie possono costare da ¥ 4.000 a circa ¥ 30.000, mentre quelli da boutique vanno da ¥ 15.000 a oltre ¥ 80.000. Questi prezzi dipendono ovviamente dal tessuto, dalla quantità e dai dettagli del ricamo e dal negozio.

Fonte consultata:
TsunaguJapan

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